lunedì 27 novembre 2017

Sulle orme di San Paolo (Vita di San Manuel González, 6)

   Il suo più grande desiderio era di vivere il Vangelo e tradurlo in opere nel suo ministero episcopale. Per far giungere la voce di Cristo e della Chiesa scrisse varie lettere pastorali e numerosi libri di facile comprensione per il popolo. La sua produzione letteraria fu notevole, visto che iniziò ben presto a scrivere, nel 1907. Diceva che tra i tre profumi preferiti, uno era quello dell’inchiostro da stampa. Il suo obiettivo principale era di diffondere la dottrina cristiana e lo faceva appoggiandosi alla Sacra Scrittura, al Magistero della Chiesa e alla liturgia. Ciò è evidente nei suoi scritti, in quanto non vi sono molti riferimenti estranei a questi documenti. Leggendo le sue opere troviamo narrata la sua esperienza con Dio e svelata la sua più intima natura. Infatti, descriveva quello che avveniva nella sua anima, rivelando un forte vincolo con Dio che fa di lui un vero mistico. I temi che più ricorrono sono l’Eucaristia, la Vergine Maria e la fedeltà alla Chiesa. Il suo intento è quello di avvicinare le anime ai misteri della fede, incitandole alla perseveranza, alla fedeltà, alla pratica della vita cristiana. E’ proprio per questo che il suo linguaggio è semplice perché tutti lo comprendano. Spazia dai temi apostolici ai temi sociali, da quelli spirituali alla pratica religiosa di ogni giorno. Prima di dare alle stampe i suoi libri li faceva rivedere e approvare dalla Congregazione dei Riti. Egli, infatti, voleva essere apostolo della buona stampa, ancorato alla verità, sullo stile di san Paolo che inviò le sue Lettere alle varie Chiese della prima era cristiana. 
   Il primo libro pubblicato dal titolo Lo que puede un cura hoy (Quello che può un parroco oggi) ebbe un successo mondiale, venne stampato in ben venticinque edizioni e tradotto in varie lingue. Possiamo raggruppare la sua produzione in sette grandi categorie a seconda del tema trattato e dei destinatari: ai sacerdoti, sul seminario, sull’Eucaristia, per l’opera dei Sagrarios-calvarios (Tabernacoli-calvari), sull’apostolato, pedagogico-catechetici, e su vari temi di spiritualità. Tra le varie opere ricordiamo: Mi comunión de María, Aunque todos, yo no, Qué hace y qué dice el Corazón de Jesús en el Sagrario, Granitos de sal e alcune altre a carattere devozionale e di ampia diffusione popolare. 
   Non era solo con queste pubblicazioni che voleva portare il suo contributo all’evangelizzazione, ma anche attraverso la collaborazione con il quotidiano «Correo de Andalucía», fondato nel 1899 dall’arcivescovo di Siviglia, il beato Marcelo Spínola y Maestre, per dare vita a una stampa che non fosse avversa alla Chiesa. A sua volta, nel 1907 fondò la rivista «El Granito de Arena» («Il Granello di Sabbia»).  
   Oltre alla penna, don Manuel portò avanti un progetto educativo di grande importanza. Come già aveva fatto quando era arciprete di Huelva, adesso che era diventato vescovo, continuò ad aprire nuove scuole e a promuovere l’insegnamento del catechismo. Contribuì personalmente alle opere sociali in favore dei poveri e dei lavoratori disoccupati. Appena veniva a conoscenza di una sciagura occorsa in qualche parte della sua diocesi, immediatamente correva per consolare, sostenere e portare aiuto effettivo. Accadde così durante un terribile incendio che devastò la zona della Aduana, nella notte dal 25 al 26 maggio 1922. 
   Per conseguire una migliore formazione del clero inviò alcuni seminaristi a studiare a Roma e a Comillas. 
   Vista la felice esperienza delle Marie, individuò la necessità di fondare una congregazione religiosa femminile che lo sostenesse nello sforzo di diffusione del culto eucaristico e rendesse più stabili le opere già avviate. Così il 3 maggio 1921 dette vita alla congregazione delle suore Marie Nazarene, oggi chiamate Missionarie Eucaristiche di Nazaret. Al numero 3 di via Marqués de Valdecañas, in un modesto appartamento, alcune donne appartenenti al gruppo delle Marie si riunirono per vivere in comunità. Dopo la semplice promessa, iniziarono con un corso di esercizi spirituali. Dalle Marie come il più prezioso frutto era nato un istituto religioso. Perché il riferimento a Nazaret? Per molteplici motivi, tra i quali quello per cui, come egli stesso spiegava: «Nazaret significa fiore, ma essendo fiore e conservando gli uffici indicati, esso, preferiva vivere come radice che desse succo senza produrre rumore né sperare nulla. Come Gesù nella sua vita di Ostia!». Inoltre, secondo le intenzioni del fondatore, Nazaret «è l’apprendistato della vita da ostia». Così ogni casa sarà chiamata Nazaret a motivo «della vita nascosta e di preparazione che si deve condurre in essa». Poi, rivolgendo lo sguardo a Dio scrisse: «Cuore di Gesù, che il tuo Nazaret sia scuola per apprendere a parlare come te nel vangelo e a stare zitti come te nel tabernacolo. Madre Immacolata, chiedi allo Spirito santo che sia il Maestro di questa scuola».   
   Il santo voleva che le Missionarie Eucaristiche riflettessero le stesse virtù delle tre donne del Calvario che seguirono Gesù fino alla fine, con fedeltà, senza mai abbandonarlo. Voleva fossero coraggiose, senza remore, né calcoli umani. Ogni comunità sarebbe stata una nuova Nazaret, dove in compagnia di Maria, la Madre di Gesù, queste donne avrebbero riprodotto lo stesso ambiente che si viveva nella Sacra Famiglia. Le suore sarebbero state come semi di quel fiore che Nazaret rappresenta. Come Gesù nel silenzio e nel nascondimento, avrebbero fermentato l’umanità con la ricchezza della carità. Il loro modello sarebbe stato Gesù che si è donato interamente senza riserve per il bene dell’uomo. Consacrate a Cristo avrebbero vissuto in continua adorazione del Figlio di Dio che ha voluto rimanere presente in tutte le chiese della terra. Avrebbero unito contemplazione e azione, andando verso i bisogni dei fratelli, in particolare dei più poveri, degli abbandonati, dei derelitti per portare loro non solo la carità, ma il Pane di Vita, del quale ogni uomo ha consapevolmente o meno bisogno. Il fondatore le volle vere e proprie missionarie per portare al mondo la buona notizia dell’Eucaristia. E una volta fatto conoscere il messaggio eucaristico, avvicinare gli uomini a Gesù presente in tutti i tabernacoli. Se all’inizio, provenivano dalle fila delle Marie, come la confondatrice, María Antonia González, a poco a poco, la congregazione accolse giovani di ogni estrazione sociale e provenienza. Mentre progressivamente le comunità delle Missionarie si diffondevano per la Spagna, nel 1930, il santo affidò alle suore anche l’amministrazione della rivista ed editoriale «El Granito de Arena» («Il Granello di Sabbia»).  
   Nel 1932 pensò anche a un istituto secolare e fondò le Marie Ausiliarie Nazarene (oggi Missionarie Eucaristiche Secolari di Nazaret). Nel 1939 volle anche vi fosse una sezione di aspiranti minori per la gioventù. 
   Tutte le realtà fondate dal santo attualmente sono state integrate nella grande Famiglia eucaristica riparatrice (Fer): per i bambini esiste la Riparazione infantile eucaristica, per i giovani la Gioventù eucaristica riparatrice, per gli adulti l’Unione eucaristica riparatrice, per le religiose le Missionarie Eucaristiche di Nazaret, per le laiche consacrate le Missionarie Eucaristiche secolari e per i sacerdoti i Missionari Eucaristici Diocesani. 
   A proposito dell’Unione eucaristica riparatrice, il santo ne tracciò il programma modulandolo sul motto: «Al maggior abbandono di tutti gli altri, più compagnia propria». Il principale obiettivo era di «dare e cercare, organizzata e permanentemente, al Cuore di Gesù Sacramentato, riparazione del suo abbandono (esteriore e interiore) di messa, comunione e presenza reale, per la compagnia di presenza, compassione, imitazione e fiducia. A mettere queste due parole: tabernacolo e abbandono, la presenza più perenne dei vostri corpi e delle vostre anime, la compassione più sentita con i sentimenti del Cuore di Gesù Sacramentato, l’imitazione più fedele della sua vita eucaristica e la fiducia più  devota nel suo amore misericordioso! Che quando il dardo dell’abbandono va a conficcarsi nel tabernacolo, si veda spinto a una di queste due cose: o a retrocedere perché voi, gli uomini del tabernacolo, non lo lasciate passare, o se ciò non potete, a giungere al tabernacolo gocciolando sangue dai vostri cuori, lacrime dai  vostri occhi ed essenza dalle vostre vite». La presenza orante e silenziosa davanti al Santissimo Sacramento ha il potere di cambiare completamente le anime e di modellarle sull’esempio di Gesù che si donò interamente al Padre per la salvezza dell’umanità. Fare compagnia a Gesù Sacramentato è quindi una grazia che Dio offre alle sue creature, pertanto, ancora una volta l’uomo è debitore nei confronti del Signore. Riparare è perciò un gesto di compassione e di carità ma che produce frutti di bene non solo per le anime, ma in primo luogo per quanti compiono questa azione. 
   Il santo poi descrisse nei particolari quello che l’Unione eucaristica riparatrice rappresenta per la comunità cristiana: essa riconosce «come il maggior male di tutti i mali nell’ordine pratico e causa a sua volta delle peggiori offese a Dio e dei più gravi danni alla Chiesa, alla società, alla famiglia e alle anime, l’abbandono del tabernacolo, e contro di esso viene a lavorare con tutti i mezzi che lo zelo gli detti. Secondo il santo Vangelo, le Marie accompagnarono il Signore: servendolo, ungendolo, piangendo e lamentandosi e stando ai piedi della croce quando tutti l’abbandonarono». Questo doveva essere il programma di vita anche delle Marie, secondo il Fondatore: «Servire il Cuore eucaristico abbandonato o solitario con la comunione e visita ogni giorno e con propaganda per cercare altre comunioni e visite per lo stesso tabernacolo». Quella particolare attenzione a non fuggire, a rimanere vicini a Gesù  quando tutti l’hanno abbandonato per paura o vigliaccheria ricorre sempre negli scritti di don Manuel. La fedeltà al Signore crocifisso, percosso, umiliato, morto e sepolto è la virtù che deve caratterizzare la vita delle Marie e di quanti vogliono riparare le tante ingratitudini da parte degli uomini nei confronti di Gesù.     


   (Dal libro Come un chicco di grano. Biografia di san Manuel González García. A cura di Nicola Gori, El Granito de Arena 2016, pp. 83-89)

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