venerdì 30 dicembre 2016

Come un chicco di grano


   "Per comprendere a pieno la spiritualità, il carisma e la missione sacerdotale ed episcopale di don Manuel, così come la sua eroica accettazione delle avversità e della sofferenza, non possiamo non considerare quanto avvenuto a Palomares del Río.
   Si tratta di un'esperienza fondamentale, paragonabile alla folgorazione ricevuta dall'apostolo Paolo sulla via di Damasco...
   Quell'incarico si trasformò in un progetto di vita...
   Gesù, infatti, l'attendeva in quel luogo quasi di desolazione per mostrargli la sua vocazione..."


"Come un chicco di grano"
Biografia di san Manuel González García (1877-1940), vescovo di Palencia, fondatore dell'Unione Eucaristica Riparatrice e della congregazione delle Missionarie Eucaristiche di Nazaret

A cura di Nicola Gori

Informazioni:
Missionarie Eucaristiche di Nazaret
Via Zucchelli, 11 – 00187 Roma
Tel. 06 42010145
e-mail: miseuc.roma@gmail.com

domenica 25 dicembre 2016

La preghiera dei pastori


“C’erano in quella regione alcuni pastori 
che vegliavano di notte facendo la guardia 
al loro gregge” (Lc 2,8)

   Qui troviamo la parola che tante volte pronunzierà il divin Maestro per raccomandare e inculcare la preghiera e il modo di farla: “vegliate”: e vegliano, nonostante il freddo della notte e la fatica del giorno, questi primi e privilegiati adoratori di Gesù Bambino.
   I pastori hanno veduto gli splendori di Dio, hanno udito la buona novella loro data da un Angelo e i cantici di gloria e di pace e, passando da una grande paura ad una grande gioia, hanno esclamato coraggiosamente: “Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere” (Lc 2,15). Questa docilità pronta ad udire, credere ed eseguire ciò che dal cielo loro si dice, è buona preparazione per una preghiera ricca di frutti. La preghiera dei pastori è una preghiera che tende ad udire, conoscere e tacere. “E vedendo -dice il vangelo- capirono quanto era stato detto loro” (Lc 2,20).
   Videro Maria, Giuseppe e il Bambino reclinato nel presepio e aiutati dalla grazia e dai lumi dello Spirito Santo, conobbero nel Bambino avvolto in miseri pannolini un Dio-Re posto su un trono; nella giovane operaia l’augusta Madre di Dio e la Regina del cielo e della terra, en el silenzioso falegname l’uomo più felice e fortunato del mondo.
   Conobbero la dolcezza degli sguardi che partivano da quegli occhi, la soavità delle lacrime che là si versavano, la solennità e il mistero del silenzio che là regnava, il valore immenso della stalla e della paglia. Conobbero il mistero delle Redenzione mediante il dolore, della salvezza di tutti mediante la croce e l’intercessione di Maria. E inondati di gioia in quel mondo di luce, di pace e di amore, se ne stavano là meravigliati e silenziosi. È una preghiera, dunque, di vedere, udire, conoscere e tacere. Una preghiera buona senza dubbio e tanto gradita a Dio.
   “I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro” (Lc 2,20).
   Come ben si sarebbe conosciuto da dove venivano e ciò che avevano fatto! Essi avevano pregato davanti a Gesù: per questo non avevano altro da dire e da fare che dar lode e gloria a Gesù. Davanti a questo ritorno, così pieno di Dio dei pastori, un’idea triste martella la mia mente. Sono molte le anime che pregano tutti i giorni?
   Mio Dio, quando vedo tanti cristiani, che pur dicono che pregano, allontanarsi dal tuo Tabernacolo, così vuoti di Te e così pieni di sé, quando li odo parlare di sé sempre, di Te mai, mi viene vivo il desiderio di domandare piangendo: Ma dove sono coloro che pregano? Nel veder così pochi reversi glorificantes et laudantes Deum, non sarà perché sono pochi anche coloro che davvero venerunt festinantes? Non si prega come Dio vuole!
   La preghiera dei pastori è una preghiera che mira a udire, conoscere e tacere.

San Manuel González


Buon Natale!


sabato 24 dicembre 2016

Il Cuore di Gesù sta rivivendo il suo Natale

"Vi annunzio una grande gioia... 
è nato un Salvatore" (Lc 2,10-11)

   Ogni volta che passo accanto a un tabernacolo, gli angeli tutt'intorno adoranti potrebbero cantarmi, come a Natale: "Rallegratevi! Vi è nato il Salvatore!" 
   In realtà, per noi cristiani che abbiamo la fortuna di frequentare spesso il tabernacolo eucaristico, è sempre Natale...
   È così eloquente e, diciamo, travolgente il messaggio di generosità che si diffonde ormai da venti secoli dalla culla di Betlemme, che persino i più lontani e i più duri d'orecchio ne avvertono ilfascino. Gesù è il grande Dono.
   Parliamo dunque dei doni... Di chi e per chi? Di chiunque abbia qualcosa da dare, qualunque cosa sia, e a chiunque abbia bisogno, sia che sia. E siccome ognuno di noi può sempre dare qualcosa, per quanto poveri e indigenti si possa essere, e siccome tutti -chi più, chi meno- abbiamo qualche necessità, tutti siamo in condizioni di dare e di ricevere un dono. In altri termini: cosa posso donare, che sia utile al mio prossimo?
   La prima necessità che salta agli occhi è che tu, Gesù sacramentato, hai bisogno di adoratori... Percorro la strada e vedo poveri, ragazzi sbandati... Giunto ormai a casa, vedo il parente meno considerato, l'ammalato, la persona carica di anni... Nelle mie faccende personali scopro ritardi, trovo disguidi dovuti a incostanza, a trascuratezza... Nel mio stesso apostolato scopro un impegno irregolare; devo riconoscere che sono freddo nel dare il buon esempio... Quante necessità attorno a me e quante richieste non tanto di denaro piuttosto di un po' d'affetto, di un po' d'interessamento, di attenzione, di ordine, di mortificazione, in una parola, di generosità!
   Quanti e quali stupendi doni saremmo in grado di offrire! Ma anche di ricevere! Giacché il divin Bambino di Betlemme si affretterà a compiere anche in noi il suo: "Date, e vi sarà dato" (Lc 6,38) con gli interessi e in misura sovrabbondante.
   Per tutte le anime eucaristiche io ne chiederò di ogni genere: doni per i piedi, per le mani, per gli occhi, per la mente e il cuore di ognuna.
   Per i piedi... voglio chiedere forza e agilità per camminare solo per le vie della modestia, della carità che non attende ricompense terrene e della laboriosità operosa.
   Per le mani, voglio chiedere prontezza nell'aprirle per sfogliare il Vangelo e il catechismo, per fare elemosina e compiere opere buone.
   Per gli occhi, che vedano ciò che devono vedere ed ogni altro avvenimento, attraverso l'Ostia consacrata.
   Per la mente, che si convincano di questa sola cosa: che l'amico Gesù se ne sta sempre solo nel tabernacolo e ciò non deve accadere.
   Per il cuore delle anime eucaristiche, infine, chiedo che lo conservino limpido, mite e pieno di ardore verso Gesù sacramentato.


   Madre Immacolata, che nella Notte Santa ci regali il tuo Gesù, insegnaci a riceverlo, a trattarlo, a custodirlo e, soprattutto, ad accorgerci della sua presenza.

San Manuel González  

giovedì 15 dicembre 2016

Il Signore si fa pellegrino dell'Amore

"È venuto nel mondo, che è suo,
ma i suoi non lo hanno accolto" (Gv 1,11)

   Vi invito a soffermarvi un momento su queste parole. Dio, ricco di bontà, pieno di generosa delicatezza, volle visitare i suoi inquilini della terra. Aveva tanto desiderio di intrattenersi con loro! Avevano tanto bisogno di quella visita! E colui che era il Signore si rese pellegrino dell'Amore e cominciò a bussare alla porta di ogni casa su questa terra...
   Che pena, mio Dio, che dopo di quel delizioso: "Venne tra i suoi", l'evangelista abbia dovuto aggiungere il triste, desolante: "Ma i suoi non l'hanno accolto"! Da quel dì a oggi, quanti uomini passano la vita scrivendo sulla porta della propria anima (e parecchi anche con il loro agire): "Non c'è posto"!
   E, almeno facessero così quelli che non lo hanno conosciuto... Però, Gesù mio, Pellegrino d'amore disprezzato: almeno noi che ti abbiamo conosciuto, almeno noi la spalanchiamo la porta perché tu possa entrare? Noi, che sappiamo che tu stai di fuori e chiedi d'essere accolto?
   Io stesso ti ho fatto trascorrere giornate intere e notti senza fine mentre tu bussavi, bussavi e non ti lasciavo entrare! Altre volte lo lasciamo sì entrare ma senza spalancargli la porta e senza consentirgli di spaziare per tutta la casa.
   Lo lasciamo entrare dalla porta di servizio della nostra grettezza ma col timore che voglia visitar per intero il nostro cuore, ogni nostro pensiero e la nostra vita affettiva...
   Possiamo dire che tutto Gesù è entrato nella nostra anima, ma non in tutta l'anima. Gli precludiamo l'ingresso nei cantucci...! Nei cantucci delle sensualità non mortificate, dei capricci non repressi, delle intenzioni non rette, degli affetti disordinati...! Non ce la sentiamo di svuotarli delle miserie che vi si sono accumulate e nemmeno vorremmo che offendessero lo sguardo dell'illustre Visitatore e perciò lo allontaniamo perché non le veda.
   E mentre Egli, racchiuso nel Tabernacolo, senza stancarsi, senza protestare e sempre ben allerta nel caso che i suoi amici si dedichino finalmente a venire, trascorre i giorni e le notti in tale attesa.
   Non appena sente dei passi e avverte un mormorio nei pressi, dimentico delle notti e dei giorni d'abbandono, con quale prontezza spalanca la porta che lo tiene prigionero per precipitarsi nell'anima alla cui porta aveva lungamente bussato...
   Signore, Signore mio, di che splendida qualità è cotesto tuo amore che passa la vita in attesa che lo lascino entrare e che, una volta entrato non di altro si preoccupa, se non del timore di essere nuovamente respinto dai suoi figli!
   Signore, e che razza d'amore è quello che scorre nelle vene degli uomini, che non si occupa d'altro che di sbarrarti le porte perché tu non possa entrare, o di scacciarti se t'è riuscito di varcarne la soglia...?


   Madre Immacolata, aiuta con la tua protezione e il tuo sostegno a forgiare una chiave di durissimo acciaio, fatto cioè di lealtà e di fedeltà nel servizio verso Gesù che entra con me in comunione! Che sia Lui solo ad aprire e a chiudere questo mio cuore.

San Manuel González