Attorno all’altare
di questa parrocchia di «Santa Maria Ianua Coeli», ci siamo riuniti, cari
fratelli e sorelle, per ringraziare Dio per san Manuel González, il “Vescovo
dei Tabernacoli abbandonati”. Ringrazio di cuore la comunità parrocchiale,
nella persona del suo parroco, il padre Dominic, e ai Figli di Santa Maria
Immacolata. E allo stesso modo, la mia gratitudine va alle figlie di san Manuel,
le Missionarie Eucaristiche di Nazareth, delle quale si è servito il Signore
perché oggi io possa presiedere questa Celebrazione Eucaristica.
In questo
tempo, segnato dalla solitudine e dalla sofferenza, i nostri occhi devono
essere rivolti al Signore. Papa Francesco ci indica il modo di vivere questa
pandemia: «dobbiamo tenere ben fermo il nostro sguardo su Gesù e con questa
fede abbracciare la speranza del Regno di Dio che Gesù stesso ci porta» (Udienza
generale, 5 agosto 2020).
Tuttavia, in
quest’anno che abbiamo appena iniziato, commemoriamo alcuni anniversari che ci
aiuteranno ad addolcire questo periodo difficile: il 3 maggio, avremo il
centenario della fondazione delle figlie di san Manuel; il 25 marzo, sarà l’80°
anniversario della fondazione di questa parrocchia (1941), in cui il Signore ha
riversato tante grazie. E il 18 gennaio del prossimo anno 2022 (1962), il 60°
anniversario della presenza dei figli del venerabile Giuseppe Frassinetti in
questa parrocchia.
In entrambi
i fondatori, cari fratelli e sorelle, c’era qualcosa in comune: un amore
ardente e amorevole per Cristo Signore, un amore che non potevano non
condividere, perché, diceva il venerabile Frassinetti: «un cuore che ama
ardentemente il Signore, non può accontentarsi di amarlo da sé solo».
In ogni
celebrazione liturgica, la preghiera che raccoglie il sentire della Chiesa in
quel giorno è l’orazione colletta, con la quale abbiamo pregato prima di
ascoltare la Parola di Dio. In essa ci siamo rivolti a Dio Padre che ha
concesso a san Manuel la grazia di annunciare nei segni sacramentali del pane e
del vino il Mistero Pasquale del suo Figlio Unigenito.
Nella
seconda parte, che possiamo chiamare “aitetica”, cioè di petizione, abbiamo
chiesto la grazia di essere lievito nel mondo attraverso la partecipazione al
Sacrificio Eucaristico, dove mangiamo il Corpo di Cristo e beviamo il suo
Sangue.
Ma perché il
nostro Santo Vescovo è diventato un annunciatore del Mistero Eucaristico? La
risposta la troviamo nel Vangelo appena annunciato: la vocazione dei primi
discepoli (cf. Gv 1, 35-42). Andrea trovò il Messia, l’Agnello di Dio
che toglie i peccati del mondo; ma un tale tesoro, non poteva tenerlo solo per
sé, doveva annunciarlo al fratello Simon Pietro: «Abbiamo trovato il Messia – che
si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù» (Gv 1, 41-42).
Come sarà
stato lo sguardo accattivante del Signore, secondo le parole dell’evangelista: «fissando
lo sguardo su di lui» (Gv 1, 42)? Uno sguardo attraente e penetrante che
ha fatto sì che Pietro lasciasse tutto per seguire colui che, da quel momento,
era diventato il suo “Tutto”. Quale sarà la chiamata che Gesù ha rivolto a quel
giovane sacerdote di Siviglia per la quale egli, innamorato, lasciò tutto e si
dedicò, al momento opportuno e non opportuno (cf. 2Tim 4, 2), ad
annunciare l’Agnello Immacolato che toglie i peccati del mondo?
Per quelli
di voi che già conoscono la vita di san Manuel González García, egli, nato a
Siviglia nel 1877, ricevette l’ordinazione sacerdotale dalle mani del beato
Marcelo Spínola, detto “l’arcivescovo mendicante”. Nel febbraio 1902 fu inviato
in un villaggio, non lontano dalla capitale, chiamato Palomares del Río. Lì si svolse
una chiamata simile all’incontro raccontato nel Vangelo.
Manuel ha
incontrato a Palomares un tabernacolo abbandonato e trascurato... e, dopo quell’esperienza,
è corso ad annunciare: ho trovato il Messia! E, da allora, tutta la sua
vita e le sue opere, scritte e vissute (nelle sue figlie e nei suoi figli),
sono state e sono: portare Gesù a tutti (cfr Gv 1, 41-42). È in
quella “povertà trasfigurata” di Palomares del Río che tutto ha avuto inizio: lì
è nata la sua vocazione riparatrice.
Nel 1905 fu
chiamato a servire il Signore come Parroco di San Pietro nella città di Huelva
e, più tardi, come Arciprete della medesima città. È qui che è cominciata la “vita
pubblica” del nostro Santo. Quel tesoro deve essere conosciuto per essere
amato, perché non si ama ciò che non si conosce e viceversa. Nel 1907 fondò il “Granito
de Arena”, nel 1908 le scuole del Sacro Cuore di Gesù per i bambini poveri, e un
lungo eccetera. Tutto perché Gesù sia amato e, nella sua solitudine del
Tabernacolo, trovi qualcuno che gli dia conforto (cf. Sal 69, 21).
Nel 1915 fu
nominato vescovo ausiliare di Malaga, la mia diocesi natale, e nel 1920 vescovo
della stessa. Come pastore della diocesi malacitana, ha adempiuto a quanto
abbiamo sentito nella prima lettura: «Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e
le passerò in rassegna» (Ez 34,11).
San Manuel,
a immagine del Buon Pastore, il nostro santo amava le pecore del gregge
affidatogli dal Signore, ma soprattutto voleva nutrirle secondo il Cuore di
Cristo e andare alla ricerca delle pecore perdute e smarrite per restituirle al
gregge di Cristo, fasciando le loro ferite con l’olio della misericordia e
rafforzando i deboli con il pane eucaristico. E per questo, la prima cosa fu il
Seminario.
Nel maggio
1920 iniziò la costruzione del vivaio in cui si sarebbero formati pastori
innamorati di Cristo che, come sant’Andrea, avrebbero portato le anime a Gesù
che le aspettava nel Tabernacolo. Nel 1921 nasce un altro importante pilastro
della sua opera, l’Istituto delle Missionarie Eucaristiche di Nazareth, le
suore che svolgono il loro lavoro pastorale in questa vostra parrocchia; sono
loro che mantengono viva, fino ad oggi, la fiamma del carisma di san Manuel.
E nel 1924,
a Ronda, la mia città natale, fondò un convento di Carmelitane Scalze con il
nome di “Convento del Cuore Eucaristico di Gesù”, in cui fu forgiato il mio
amore per don Manuel e, attraverso di lui, per Gesù Sacramentato.
Ma, come
nella vita di Cristo, anche nella vita del nostro Santo Vescovo dovevano
arrivare i momenti del Getsemani e del Calvario. Nel 1931 il palazzo episcopale
di Malaga fu incendiato ed egli dovette fuggire dalla città. Come Cristo,
tradito dal suo stesso popolo che amava fino alla fine (cf. Gv 13,1), san
Manuel fu costretto ad abbandonare il suo amato gregge e, dopo un periodo di
governo della diocesi a distanza, nel 1935, papa Pio XI lo nominò vescovo di
Palencia, dove risiederà fino alla sua morte nel 1940: il 4 gennaio.
Se Andrea,
il primo chiamato, trasmise il messaggio al fratello Simon Pietro, don Manuel
González lo trasmise a molti altri che, leggendo le sue opere, ma soprattutto “leggendo”
la sua vita, si lasciarono “trasfigurare” perché Gesù non venisse abbandonato
nei Tabernacoli di ogni città.
Molti di
loro sono già stati elevati dalla Chiesa agli onori degli altari o stanno per farlo:
la sua fedele sorella Maria Antonia che, insieme a lui, avrebbe fondato le
Missionarie Eucaristiche di Nazareth e che solo la morte l’ha separata da lui.
A Huelva, Manuel Siurot che, rinunciando alla sua brillante carriera di
avvocato, si fece insegnante dei bambini poveri.
A Malaga, i
beati Enrique Vidaurreta e Juan Duarte, rettore del Seminario e diacono,
entrambi martirizzati nella persecuzione religiosa contro la Chiesa in Spagna,
nel 1936; anche il beato Tiburcio Arnáiz, sacerdote della Compagnia di Gesù,
un’altro grande apostolo del Sacro Cuore. A Siviglia, sant’Angela della Croce,
fondatrice delle Sorelle della Compagnia della Croce, crocifissa con Cristo per
servire i poveri. A Palencia, san Rafael Arnáiz, monaco trappista dell’Abbazia
di Sant’Isidoro de Dueñas, una vita data al silenzio, ma piena di canto nel
cuore. E un lungo eccetera di persone che, come lui, hanno amato Gesù Cristo,
che è rimasto con noi nel Tabernacolo.
Il nostro
Santo, ha consegnato la sua vita al Signore il 4 gennaio 1940 e ha voluto che
il suo corpo fosse sepolto accanto al tabernacolo della Cattedrale di Palencia,
ordinando che sulla sua lapide fosse posto quanto segue: «Chiedo di essere
sepolto accanto a un tabernacolo, affinché le mie ossa, dopo la morte, come la
mia lingua e la mia penna in vita, dicano sempre a chi passa: Ecco Gesù!
Eccolo! Non lasciatelo abbandonato!»
Grazie, san Manuel! Grazie per averci
annunciato nei segni sacramentali la presenza viva e vera di Gesù Cristo. Concedi
anche a noi, tuoi figli, che vogliamo seguire Cristo come te e amarlo come tu l’hai
amato, di essere lievito nel mondo perché molti scoprano che Gesù li aspetta
nei Tabernacoli abbandonati di ogni città. E così possiamo anche noi, imitando
il tuo esempio, essere apostoli che annunciano al mondo intero che nel
Tabernacolo c’è lui che ci aspetta: Ecco Gesù! Eccolo! Non lasciatelo
abbandonato!