Il 1° marzo 1905, l’arcivescovo Spínola y Maestre lo nominò parroco economo della parrocchia di San Pietro in Huelva. Sarebbe stato il suo primo incarico di responsabilità dopo l’ordinazione sacerdotale. Con entusiasmo iniziò il suo ministero il 9 marzo e già dal 16 giugno divenne arciprete. All’inizio venne ospitato nel convento degli agostiniani, poi si trasferì in un modesto appartamento. Volendo però portare con sé i genitori scelse un altro locale più adatto alle sue esigenze. A Huelva trovò una situazione religiosa tristemente difficile. Il clima politico e sociale era teso e non di rado avvenivano aggressioni nei confronti dei sacerdoti. Gli anarchici fomentavano la rivolta e instillavano nella popolazione l’odio verso la Chiesa e i suoi rappresentanti. Erano gli anni in cui gli animi erano talmente accesi che bastava una scintilla per far scoppiare un tumulto. Inoltre, le idee radicali caratterizzavano il dibattito politico e tendevano a far approvare delle leggi che istituissero il divorzio, il matrimonio civile, i funerali laici. Ogni parvenza di religione cattolica doveva essere annientata.
In questo contesto così conflittuale, le masse operaie, specialmente di minatori delle vicine miniere di Río Tinto, venivano facilmente influenzate e manovrate secondo gli interessi dei grandi gruppi di potere. I politici di area repubblicana e liberale cercavano di portare avanti una campagna di diffamazione e di discredito nei confronti della Chiesa per diminuirne la presa sulla gente. Anche i protestanti, dalla roccaforte britannica di Gibilterra, attaccavano con la propaganda la Chiesa per sottrarle quanti più fedeli. Erano ancora lontani gli anni dell’ecumenismo!
Don Manuel arrivò a Huelva carico di tanta buona volontà e si trovò di fronte delle sfide per niente facili da affrontare. Lo sosteneva la sua ricchezza interiore e la benedizione dell’arcivescovo Spínola y Maestre, il quale non era uno sprovveduto e sapeva bene chi aveva mandato in prima linea. Infatti, nonostante la giovane età, il nuovo parroco aveva già le capacità per esercitare il ministero sacerdotale in mezzo a conflitti così accesi. Visto il delicato momento in cui versava Huelva e il grande compito che l’attendeva, una proposta del vescovo di Léon, monsignor Manuel Sanz y Sarabia, lo avrebbe sottratto da tutte quelle traversie. Il presule, conoscendo le qualità di don Manuel, gli propose di diventare suo segretario e gli offrì il canonicato. Sicuramente, un altro sacerdote, davanti a quest’offerta così allettante e, soprattutto, giunta al momento opportuno, avrebbe accettato senza esitazione. Ma non don Manuel, il quale, si consultò subito con il suo arcivescovo. La risposta che ebbe fu chiara: se cercava onori e carriera doveva andare a Léon, se invece voleva conquistare anime a Dio il suo posto era a Huelva. Il santo non esitò un istante e decise di rimanere nella parrocchia di San Pietro.
Iniziò, quindi, il suo apostolato senza indugi e con grande zelo: volle che la chiesa rimanesse aperta tutto il giorno, perché chi voleva potesse entrarvi. Impostò tutta la sua giornata al servizio della parrocchia. Nei giorni feriali celebrava la messa alle 6.30 e la domenica alle 5.30. Cominciò a rimanere nel confessionale in attesa di qualche penitente e nel frattempo recitava l’Ufficio divino e adorava il Santissimo Sacramento. Vista l’aridità spirituale dei suoi parrocchiani, ricorse al Signore per chiedere la loro conversione e il mezzo più efficace lo individuò nell’Eucaristia. Non si risparmiò veglie di preghiera e di adorazione pur di far breccia nel cuore di tante persone. Implorò l’aiuto della Vergine Maria, di san Giuseppe e fece atti di riparazione al Sacro Cuore di Gesù. Tante suppliche ottennero la benedizione che smosse le anime a ritornare in chiesa.
A poco a poco il numero di fedeli che si riavvicinarono alla pratica cristiana crebbe e don Manuel poté rianimare le opere parrocchiali. Inoltre, diffuse la pratica della comunione spirituale e delle visite a Gesù presente nel tabernacolo. Era convinto che «a più comunioni, più vita cristiana». Per questo, non perse mai occasione di infondere tra la gente la devozione e l’amore all’Eucaristia, centro di tutto il suo apostolato.
Oltre alla preghiera e alla pastorale, don Manuel aveva a cuore la sorte di tanti ragazzi abbandonati e dei poveri che vagavano senza riparo per la città. Così come non mancava di visitare i malati e gli anziani della parrocchia. Il suo cruccio principale era di risolvere la drammatica situazione dei ragazzi per salvarli e sottrarli alla loro condizione di abbandono e di precarietà, visto che il vivere in strada li esponeva a grandi pericoli. «Salviamo le anime dei bambini»: diceva e tradusse in opere questo suo anelito. Per questo, amava fermarsi a parlare e a giocare con i giovani che incontrava, invitandoli ad andare a trovarlo in parrocchia.
Un episodio di irriverenza e di ignoranza nei confronti della fede cristiana colpì profondamente il santo e lo mosse ad agire più celermente. Il 20 gennaio 1906, durante la processione per la festa di san Sebastiano, patrono di Huelva, alcuni ragazzi apostrofarono i partecipanti al corteo e lanciarono improperi e perfino bestemmie. Don Manuel rimase turbato da tanta ignoranza in cui versava la maggior parte della gioventù e decise di aprire delle scuole cattoliche per compiere un’opera educativa capillare. In effetti, le strutture pubbliche esistenti erano ampiamente insufficienti e di scarsa efficacia. Inoltre, nel vuoto educativo statale si erano inseriti i protestanti e i laicisti che volevano diffondere le loro idee radicali tra i giovani poveri e abbandonati.
Don Manuel non perse indugi e individuò immediatamente i locali dove aprire la sua prima scuola. Nel quartiere di san Francesco c’era una chiesa quasi abbandonata, proprio davanti a una scuola laica. Chiese al nuovo arcivescovo, monsignor Enrique Alamaraz y Santos (1847-1922), il permesso di poterla restaurare. Radunò intorno a sé alcuni volontari e riuscì a trovare 5.500 pesetas necessarie per i lavori di adattamento. Il 17 novembre 1906, dopo vari interventi, poté ricollocare solennemente il Santissimo Sacramento nella chiesa e, il 25 gennaio 1907, l’arcivescovo in persona benedisse la sua riapertura al culto. Nel cortile interno, si inaugurò anche la scuola. Era solo la prima di una lunga serie, infatti, poco dopo ne venne aperta un’altra nel santuario di Nostra Signora della cinta, appena fuori la città, una nel quartiere del Polvorín, vicino al convento de La Rábida, su un terreno donato da un ingegnere inglese protestante impegnato nelle miniere di Río Tinto, e una nella Cuesta del Carnicero. In tutte queste scuole riuscì a ospitare ben 1.000 ragazzi.
Le attività si moltiplicarono e nel 1908 riuscì ad allargare l’offerta ad altre categorie di persone: inaugurò le classi domenicali per le ragazze e quelle notturne per gli operai. Dove trovare le risorse per mandare avanti tante opere? Chiamò a collaborare alcuni giovani per l’insegnamento del catechismo e si avvalse di chiunque volesse aiutarlo. Fondò gli Angeli della parrocchia, dei volontari che si impegnavano a visitare i fedeli nelle case, promuovevano la partecipazione ai Sacramenti e diffondevano la pratica della consacrazione delle famiglie al Sacro Cuore di Gesù.
(Dal libro Come un chicco di grano. Biografia di san Manuel González García. A cura di Nicola Gori, El Granito de Arena 2016, pp. 53-57)
saludos desde guayaquil, ecuador,gracias por el articulo! muchas bendiciones a la fer de italia, un abrazo enorme, unidos via sagrario .att julio matias. seminarista-discipulo de san juan.
RispondiEliminaGrazie mille Julio Matias! Dio ti benedica. Uniti nella preghiera davanti al Tabernacolo! ;)
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