lunedì 3 maggio 2021

I primi 100 anni delle Missionarie Eucaristiche di Nazaret

Le Missionarie Eucaristiche di Nazareth sono nate nella Chiesa come un germoglio della presenza dello Spirito in essa. Ognuna di noi è stata aggraziata con il dono della vocazione, per partecipare al carisma che ha ricevuto il nostro Fondatore, San Manuel González. La sua fede, illuminata dallo sguardo penetrante di Gesù, gli fa percepire l'abbandono dell'Eucaristia e le ripercussioni che ha sulla vita delle persone. L'abbandono dell'Eucaristia ha come conseguenza - diceva - "anime e società private di fiumi e mari di beni" (L'abbandono dei tabernacoli accompagnati, in O.CC. I, n. 149). A partire da questa esperienza - come molti lettori di questa rivista già sanno – San Manuel dedicò tutta la sua vita a riparare questo abbandono eucaristizzando. Mosse dall'anelito di ravvivare il dono ricevuto (cfr. 1 Tim 1,6), e in armonia con l'ispirazione del nostro Fondatore, abbiamo scelto per la celebrazione del giubileo della nostra fondazione il motto: Nate per Eucaristizzare.

Eucaristizzare il mondo è lo scopo della Congregazione: annunciare agli uomini di tutti i tempi e luoghi la Vita che sgorga dal Cuore di Cristo nell'Eucaristia (cfr. Gv 10,10). Un Cuore che ci ha amato "fino alla fine" nell'Ultima Cena, sulla Croce, nella Risurrezione. Un Cuore che, oggi, possiamo continuare ad accogliere e ricevere in ogni Messa, in ogni Comunione, in ogni Tabernacolo, perché lì si attualizza il dono della salvezza. Eucaristizzare è essere testimoni "di quell'incommensurabile dono di sé: nell'Eucaristia Gesù non dà 'qualcosa' ma se stesso" (Sacramentum caritatis, 1) e la comunione con Lui ci porta a scoprire che siamo per donarci agli altri.

La nostra missione, nella storia di oggi, continua ad essere necessaria, come lo è stata nel corso degli anni, poiché l'Eucaristia è un dono offerto per la vita del mondo. Nemmeno nell'Ultima Cena Gesù limita il suo sguardo al piccolo gruppo che lo accompagna, ma quando dice ai suoi discepoli: "Fate questo in memoria di me" (Lc 22,19), ha nella sua mente e nel suo cuore molte altre persone che lungo i secoli avrebbero accettato l'invito a sedersi alla Mensa eucaristica e a fare comunione del Corpo del Signore. Altri, invece, l'avrebbero rifiutata o sarebbero stati insensibili e indifferenti a questa chiamata, in una parola, l'avrebbero abbandonata.

Di fronte a questo, siamo chiamate a dare una risposta di amore riparatore coinvolgendoci nelle condizioni critiche di mancanza d'amore e di abbandono che ci sono contemporanee. Da queste situazioni che ci colpiscono e ci provocano, nascono le nostre criticità, le nostre sfide, che alla fine sono gli inviti che il Signore ci fa per essere ciò per cui siamo stati chiamate e convocate. Per questo è necessario avere occhi nuovi per vedere bene la realtà e discernerla correttamente e, soprattutto, la forza e la sapienza dello Spirito, l'unico capace di far risorgere il nuovo che deve nascere. Tra le sfide che noi Missionarie Eucaristiche di Nazareth abbiamo davanti a noi mentre celebriamo il Centenario della nostra fondazione, ne indicherei una in particolare, da cui scaturiscono altre e che, soprattutto, ci orienta verso uno stile di vita e di missione, per essere significativi oggi nella Chiesa e nel mondo, e cioè: un profondo anelito alla santità. Il più grande bene che possiamo fare per il nostro mondo è rispondere alla chiamata alla santità: essere ciò per cui siamo state scelte. Perché voglio sottolineare questa sfida? Come risposta a questa domanda riporto alcune parole di Papa Benedetto XVI: "I santi, nelle vicissitudini della storia, sono stati i veri riformatori che hanno così spesso sollevato l'umanità dalle valli oscure in cui è sempre in pericolo di cadere. [...] Solo dai santi, solo da Dio viene la vera rivoluzione, il cambiamento decisivo nel mondo" (Discorso 20/8/2005).

Abbiamo bisogno di questa santità di vita per essere significativamente profetiche, per saper scoprire il passaggio del Signore, per annunciare che Dio si è fatto uomo, che è presente in questo crocevia della vita, che rimane tra noi nel Sacramento dell'Amore e che ci promette la vita oltre la morte. Abbiamo bisogno di questa santità di vita per avere un orizzonte di speranza, la speranza teologale che illumina tutte le realtà e tutte le relazioni; abbiamo bisogno di riscoprire la speranza, soprattutto nei momenti delicati e difficili che stiamo vivendo, con la certezza - come ci ricorda Sant'Agostino - che "la nostra vita, ora, è speranza, dopo sarà eternità" (Commento ai Salmi, 102, 4,17). E abbiamo bisogno di questa santità di vita per continuare ad essere i riparatori dell'abbandono di Gesù - come sottolinea San Manuel nel suo libro La mia comunione di Maria - "rappresentato dai malati, dai bambini, dagli ignoranti o dai bisognosi di qualsiasi tipo" (OO.CC. I, n. 1.170).

La vita di una Missionaria Eucaristica di Nazareth è chiamata ad essere simile alla vita nuova di Gesù Risorto e al suo progetto di amore e libertà per tutti. Perché questo accada dobbiamo diventare autenticamente eucaristiche, credenti e grate; come il chicco di grano, saper morire perché possa rinascere la Vita: Cristo Eucaristia, in mezzo a una società minacciata da segni di morte e da vuoto esistenziale.

San Manuel González ha anche una parola da dirci per il momento presente e per questo Centenario. È vero che non sappiamo cosa succederà in futuro, ma possiamo saperlo ora se siamo disposti a vivere la nostra vita in fedeltà alla vocazione che abbiamo ricevuto. Lui, con quella capacità di guardare oltre, disse alle suore in una delle sue lettere del 1938: "Davanti a una Maria Nazarena fedele in ogni momento, e ogni giorno, vedo un orizzonte così ampio e così chiaro" (n. 6.895). Questo messaggio è molto in linea con gli ultimi orientamenti che la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica ci ha offerto nel documento: Il dono della fedeltà. La gioia della perseveranza. La nostra fedeltà nasce dallo sperimentare che Dio è fedele (n. 24), ed è inscritta nell'identità profonda della vocazione delle persone consacrate (n. 1), una fedeltà che porta alla gioia. Quando questi due atteggiamenti si incontrano: il Dio che dà e la persona che accoglie, si produce il gaudio e la gioia della perseveranza (n. 42). Nel contesto di questo Giubileo che noi Missionarie Eucaristiche di Nazareth stiamo commemorando, ci sentiamo eredi di questo motto del nostro Fondatore: "Siate fedeli e vedrete" (Lettere, in O.O.CC. IV, n. 6453). Questo messaggio di San Manuel sia un impulso a vivere nella gratuità il dono della fedeltà e nell'umiltà la gioia della perseveranza, e sia anche un richiamo per tante sorelle che in questi 100 anni hanno dato forma alla storia della Congregazione.

Maria, che ha saputo scoprire la novità che Gesù ha portato, accompagni il cammino della nostra Congregazione con la fiducia e la disponibilità come fece Lei.

Madre Maria Teresa Castelló Torres, m.e.n.

Superiora Generale


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