martedì 20 ottobre 2015
giovedì 15 ottobre 2015
L’apostolo
Che cos’è un apostolo?
Etimologicamente è un inviato; storicamente, secondo il Vangelo, gli altri libri ispirati dal Nuovo Testamento e la Storia della Chiesa, l’apostolo è un inviato di Gesù con una sola occupazione: andare; e un solo fine: partire da Gesù, operare come Gesù e ritornare da Lui dopo aver dato Gesù a molte anime, per uscire di nuovo e così adempiere l’«andate» del mandato apostolico; a un apostolo è permesso tutto, fuorché starsene tranquillo; sempre in cammino! L’apostolo è un perpetuo viandante con questo unico divino incarico: muoversi da Gesù solo, per riandare a Gesù in compagnia. Lo ha lasciato detto Lui: Vi ho scelto e vi ho disposti perché andiate.
Che significa «operare come Gesù»?
Significa: Parlare di Gesù come Gesù, con l’autorità di Gesù, istruendo, illuminando, attirando.
Operare con la virtù e lo stile di Gesù, guarendo infermi, risuscitando morti, consolando afflitti, risollevando caduti, facendo camminare i paralitici, dando la vista ai ciechi e l’udito ai sordi.
Amare per Gesù nel modo di Gesù, ossia: dire e fare tutto questo per amore, senza aspettare paga né ricompensa, con sacrificio, fino a morire sulla croce della stanchezza,
dell’ingratitudine, del martirio cruento, a poco a poco o tutto in una volta.
Un apostolo di Gesù è come un tabernacolo ambulante con la porta spalancata e con le pareti trasparenti perché, come nelle chiese, con gli occhi dell’anima, nelle specie sacramentali si vede Gesù, così in loro si veda, si oda e si senta attraverso le parole e le opere, il corpo e l’anima dell’apostolo.
Stare con Gesù
Ricordate la finale di quell’affascinante dialogo dei due primi discepoli con Gesù? «Maestro, dove abiti? Venite e vedrete. Andarono e quel giorno si fermarono presso di Lui».
Quale è il frutto dell’essersi fermati quel giorno con Gesù? Ce lo mostra la loro esclamazione quando si separarono da Gesù e videro i loro fratelli: «Abbiamo trovato il Messia!». Avevano cominciato a conoscere Gesù.
Gli apostoli non assistevano alla vita intima di Gesù come semplici e impassibili osservatori, ma partecipandovi in una vera condivisione di fatiche e riposo, di dolori e di gioie, di sconfitte e di trionfi.
Da questa comunione nel modo di vivere doveva nascere un’altra comunione più intima e spirituale nel loro modo di essere.
Non erano solo gli occhi degli apostoli che erano attenti a vedere quel che accadeva attorno a Gesù, né solo i piedi a percorrere le strade con Lui, ma era la mente che era intenta ad imparare, a sapere di più su di Lui, ad ammirarlo sempre più, con il cuore attento a sentire la vicinanza, l’ardore e i palpiti di quel grande Cuore che si intravvedeva da quegli sguardi, da quelle parole, da tutte le manifestazioni della sua attività: insomma era la vita intellettiva, sensitiva e operativa di quegli uomini che si plasmava secondo la vita umana e divina di Gesù.
Etimologicamente è un inviato; storicamente, secondo il Vangelo, gli altri libri ispirati dal Nuovo Testamento e la Storia della Chiesa, l’apostolo è un inviato di Gesù con una sola occupazione: andare; e un solo fine: partire da Gesù, operare come Gesù e ritornare da Lui dopo aver dato Gesù a molte anime, per uscire di nuovo e così adempiere l’«andate» del mandato apostolico; a un apostolo è permesso tutto, fuorché starsene tranquillo; sempre in cammino! L’apostolo è un perpetuo viandante con questo unico divino incarico: muoversi da Gesù solo, per riandare a Gesù in compagnia. Lo ha lasciato detto Lui: Vi ho scelto e vi ho disposti perché andiate.
Che significa «operare come Gesù»?
Significa: Parlare di Gesù come Gesù, con l’autorità di Gesù, istruendo, illuminando, attirando.
Operare con la virtù e lo stile di Gesù, guarendo infermi, risuscitando morti, consolando afflitti, risollevando caduti, facendo camminare i paralitici, dando la vista ai ciechi e l’udito ai sordi.
Amare per Gesù nel modo di Gesù, ossia: dire e fare tutto questo per amore, senza aspettare paga né ricompensa, con sacrificio, fino a morire sulla croce della stanchezza,
dell’ingratitudine, del martirio cruento, a poco a poco o tutto in una volta.
Un apostolo di Gesù è come un tabernacolo ambulante con la porta spalancata e con le pareti trasparenti perché, come nelle chiese, con gli occhi dell’anima, nelle specie sacramentali si vede Gesù, così in loro si veda, si oda e si senta attraverso le parole e le opere, il corpo e l’anima dell’apostolo.
Stare con Gesù
Ricordate la finale di quell’affascinante dialogo dei due primi discepoli con Gesù? «Maestro, dove abiti? Venite e vedrete. Andarono e quel giorno si fermarono presso di Lui».
Quale è il frutto dell’essersi fermati quel giorno con Gesù? Ce lo mostra la loro esclamazione quando si separarono da Gesù e videro i loro fratelli: «Abbiamo trovato il Messia!». Avevano cominciato a conoscere Gesù.
Gli apostoli non assistevano alla vita intima di Gesù come semplici e impassibili osservatori, ma partecipandovi in una vera condivisione di fatiche e riposo, di dolori e di gioie, di sconfitte e di trionfi.
Da questa comunione nel modo di vivere doveva nascere un’altra comunione più intima e spirituale nel loro modo di essere.
Non erano solo gli occhi degli apostoli che erano attenti a vedere quel che accadeva attorno a Gesù, né solo i piedi a percorrere le strade con Lui, ma era la mente che era intenta ad imparare, a sapere di più su di Lui, ad ammirarlo sempre più, con il cuore attento a sentire la vicinanza, l’ardore e i palpiti di quel grande Cuore che si intravvedeva da quegli sguardi, da quelle parole, da tutte le manifestazioni della sua attività: insomma era la vita intellettiva, sensitiva e operativa di quegli uomini che si plasmava secondo la vita umana e divina di Gesù.
Bto. Manuel González
venerdì 9 ottobre 2015
...ho una cosa da dirti
giovedì 8 ottobre 2015
Beato Manuel González: Affascinato dall'Eucaristia
Appena ordinato sacerdote, i miei superiori mi hanno inviato per una missione in un piccolo paese, Palomares del Río, vicino Siviglia, in Spagna. Con quanta gioia ed entusiasmo sono partito! Quanti felici progetti ho programmato mentre ero in viaggio! Vedevo già la chiesa piena di gente! Tutto il popolo gioioso che attendeva la missione!
Al mio arrivo mi aspettava il sagrestano, a cui ho posto mille domande: "La gente, è entusiasta per la missione? È grande la chiesa? C'entra molta gente?". Dopo le mie mille domande è arrivata una fredda risposta da parte del sagrestano sui miei entusiasmi: "La chiesa è quasi in rovina, la gente ormai è abituata a non andarci e mi sembra che poca gente parteciperà alla missione".
Una chiesa deserta
Scoraggiato, mi sono recato davanti al Tabernacolo della chiesa cercando un pò di forza per portare avanti la missione. Ma, quale Tabernacolo ho trovato! Che sforzi hanno dovuto fare la mia fede e la mia volontà per non fuggire! Ma non sono fuggito... Sono rimasto lì a lungo, e proprio lì ho trovato il mio programma di missione e la forza per portarlo avanti. Ma, soprattutto ho trovato...
Lì, in ginocchio di fronte a quel mucchio di stracci e sporcizia, la mia fede vedeva attraverso quella porticina tarlata un Gesù così silenzioso, così paziente, così buono, che mi guardava. Sí, sembrava che dopo aver percorso con il suo sguardo, triste e supplichevole, che mi diceva tanto e mi chiedeva di più.
Uno sguardo in cui si riflettevano una grande voglia di amare e un'angoscia infinita anche per non trovare chi voleva essere amato. Uno sguardo dove si rifletteva tutta la tristezza del Vangelo: la tristezza di quel: "non c'era posto per loro a Betlemme"; la tristezza delle sue parole: "Anche voi volete lasciarmi?"; la tristezza del tradimento di Giuda, del rinnegamento di Pietro, dello schiaffo del soldato, dell'abbandono di tutti... Uno sguardo che mi è penetrato nell'anima e che non ho dimenticato mai.
Una nuova missione
Di me posso dire che in quel pomeriggio, in quel momento trascorso davanti al Tabernacolo, ho potuto intravedere per il mio sacerdozio un'occupazione che prima non avevo sognato: essere prete di un paese che non vuole bene a Gesù Cristo per volergli bene io, in nome di tutto il paese. Diventare i suoi piedi per portarlo dove c'è bisogno di Lui, le sue mani per dare un'elemosina nel suo nome anche a chi lo rifiuta, la sua bocca per parlare di Lui e consolare nel suo nome e gridare a suo favore a quanti non vogliono ascoltarlo... fino a che lo ascoltino e lo seguano... Che bella missione!
Attirato da Gesù Eucaristia
Sono rimasto attirato da Gesù Eucaristia, amico e compagno. Mi sono sentito chiamato ad annunciare a tutti l'amore senza misura di Dio, l'amore di quel Gesù del Vangelo che si è incarnato ed è lo stesso che oggi vive tra noi nell'Eucaristia, e che molto frequentemente non viene accolto dai suoi.
Nell'Eucaristia ho centrato tutta la mia vita e tutto il mio lavoro pastorale. A Huelva, mi sono dedicato a diffondere la Buona Novella del Vangelo e dell'Eucaristia. L'ho fatto nelle scuole, nei quartieri degli operai, nelle scuole agrarie e nella catechesi.
A Málaga, ho voluto essere vicino alla gente e ho lavorato nella formazione eucaristica dei seminaristi, e per loro ho costruito un nuovo seminario.
Ho trovato altre persone che sentivano ciò che sentivo io! Perciò ho fondato la Famiglia Eucaristica Riparatrice (FER), una famiglia dove c'è posto per tutti:
RIE: Riparazione Infantile Eucaristica (fanciulli)
JER: Gioventù Eucaristica Riparatrice (giovani)
UNER: Unione Eucaristica Riparatrice (adulti)
MEN: Missionarie Eucaristiche di Nazaret (religiose)
MESN: Missionari Eucaristiche Secolari di Nazaret (laiche consacrate)
MED: Missionari Eucaristici Diocesani (sacerdoti)
La mia vita in sintesi
1877: Sono nato a Sivigia, il 25 febbraio
1901: Sono stato ordinato sacerdote
1902: Il 2 febbraio sono andato a Palomares de Río e mi sono trovato con un Tabernacolo abbandonato
1905: Il mio primo incarico: Huelva
1907: Ho fondato una rivista eucaristica: Il Granello di Sabbia (El Granito de Arena)
1910: Ho fondato l'UNER
1916: Sono stato consacrato vescovo di Málaga
1920: Ho cominciato la costruzione di un nuovo seminario a Málaga
1921: Ho fondato le Missionarie Eucaristiche di Nazaret
1935: Sono stato nominato vescovo di Palencia
Al mio arrivo mi aspettava il sagrestano, a cui ho posto mille domande: "La gente, è entusiasta per la missione? È grande la chiesa? C'entra molta gente?". Dopo le mie mille domande è arrivata una fredda risposta da parte del sagrestano sui miei entusiasmi: "La chiesa è quasi in rovina, la gente ormai è abituata a non andarci e mi sembra che poca gente parteciperà alla missione".
Una chiesa deserta
Scoraggiato, mi sono recato davanti al Tabernacolo della chiesa cercando un pò di forza per portare avanti la missione. Ma, quale Tabernacolo ho trovato! Che sforzi hanno dovuto fare la mia fede e la mia volontà per non fuggire! Ma non sono fuggito... Sono rimasto lì a lungo, e proprio lì ho trovato il mio programma di missione e la forza per portarlo avanti. Ma, soprattutto ho trovato...
Lì, in ginocchio di fronte a quel mucchio di stracci e sporcizia, la mia fede vedeva attraverso quella porticina tarlata un Gesù così silenzioso, così paziente, così buono, che mi guardava. Sí, sembrava che dopo aver percorso con il suo sguardo, triste e supplichevole, che mi diceva tanto e mi chiedeva di più.
Uno sguardo in cui si riflettevano una grande voglia di amare e un'angoscia infinita anche per non trovare chi voleva essere amato. Uno sguardo dove si rifletteva tutta la tristezza del Vangelo: la tristezza di quel: "non c'era posto per loro a Betlemme"; la tristezza delle sue parole: "Anche voi volete lasciarmi?"; la tristezza del tradimento di Giuda, del rinnegamento di Pietro, dello schiaffo del soldato, dell'abbandono di tutti... Uno sguardo che mi è penetrato nell'anima e che non ho dimenticato mai.
Una nuova missione
Di me posso dire che in quel pomeriggio, in quel momento trascorso davanti al Tabernacolo, ho potuto intravedere per il mio sacerdozio un'occupazione che prima non avevo sognato: essere prete di un paese che non vuole bene a Gesù Cristo per volergli bene io, in nome di tutto il paese. Diventare i suoi piedi per portarlo dove c'è bisogno di Lui, le sue mani per dare un'elemosina nel suo nome anche a chi lo rifiuta, la sua bocca per parlare di Lui e consolare nel suo nome e gridare a suo favore a quanti non vogliono ascoltarlo... fino a che lo ascoltino e lo seguano... Che bella missione!
Attirato da Gesù Eucaristia
Sono rimasto attirato da Gesù Eucaristia, amico e compagno. Mi sono sentito chiamato ad annunciare a tutti l'amore senza misura di Dio, l'amore di quel Gesù del Vangelo che si è incarnato ed è lo stesso che oggi vive tra noi nell'Eucaristia, e che molto frequentemente non viene accolto dai suoi.
Nell'Eucaristia ho centrato tutta la mia vita e tutto il mio lavoro pastorale. A Huelva, mi sono dedicato a diffondere la Buona Novella del Vangelo e dell'Eucaristia. L'ho fatto nelle scuole, nei quartieri degli operai, nelle scuole agrarie e nella catechesi.
A Málaga, ho voluto essere vicino alla gente e ho lavorato nella formazione eucaristica dei seminaristi, e per loro ho costruito un nuovo seminario.
Ho trovato altre persone che sentivano ciò che sentivo io! Perciò ho fondato la Famiglia Eucaristica Riparatrice (FER), una famiglia dove c'è posto per tutti:
RIE: Riparazione Infantile Eucaristica (fanciulli)
JER: Gioventù Eucaristica Riparatrice (giovani)
UNER: Unione Eucaristica Riparatrice (adulti)
MEN: Missionarie Eucaristiche di Nazaret (religiose)
MESN: Missionari Eucaristiche Secolari di Nazaret (laiche consacrate)
MED: Missionari Eucaristici Diocesani (sacerdoti)
La mia vita in sintesi
1877: Sono nato a Sivigia, il 25 febbraio
1901: Sono stato ordinato sacerdote
1902: Il 2 febbraio sono andato a Palomares de Río e mi sono trovato con un Tabernacolo abbandonato
1905: Il mio primo incarico: Huelva
1907: Ho fondato una rivista eucaristica: Il Granello di Sabbia (El Granito de Arena)
1910: Ho fondato l'UNER
1916: Sono stato consacrato vescovo di Málaga
1920: Ho cominciato la costruzione di un nuovo seminario a Málaga
1921: Ho fondato le Missionarie Eucaristiche di Nazaret
1935: Sono stato nominato vescovo di Palencia
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